New Orleans, 1939
Fa freddo, รจ tutto nero intorno a me. Sento il bagnato sotto
il mio corpo, non ho la forza di svegliarmi da questo inferno ghiacciato.
Voglio morire. Voglio che il gelo della neve che mi cade addosso mi pervada e
mi uccida. Non ho piรน niente: non una casa a cui fare ritorno, non una
famiglia… Niente. Penso proprio che "niente" sia la parola migliore
per descrivermi. Avverto la sensazione di qualcosa di denso scivolarmi sul ventre,
forse sangue, sono sempre piรน debole. Chiudo gli occhi, come se cambiasse
qualcosa, come se potessi ripararmi da ciรฒ che mi circonda e proprio lรฌ, in
quel preciso istante, delle voci squarciano la pace che la morte incombente ha
creato intorno al mio corpo inerme e distrutto.
<<Sirius te lo dico io, รจ qui da qualche parte, ho
sentito quella feccia andarsene parlando di lei e schernendola con frasi
incresciose. Dobbiamo trovarla, non voglio arrivare troppo tardi, non voglio
perdere l’occasione di averla. Non deve morire.>>
<<Jace, fidati di me, ti monti troppo la testa.
Secondo me lei รจ beatamente a casa ignara dell’ignoranza e arroganza del suo
promesso sposo. Sebastian รจ sempre stato un mascalzone ipocrita, ma non credo
che sarebbe in grado di fare del male a qualcuno cosรฌ tanto da ucciderlo, o
quasi.>>
l’altro ribattรฉ:<<Io invece…>> la sua
voce si spense, la sentivo vicina, come se fosse distante solo un metro o due.
<<credo di si.>> Sirius si scompose, disse ad Jace di mettermi
qualcosa addosso e di aiutarlo a portarmi via. “Non voglio andare via, voglio
morire qui, stare qui!” inveisce la mia volontร .
Mi sollevano da terra, sento il calore del corpo vicino che
mi sorregge, mi sembra di volare perchรฉ il passo di quest’uomo รจ leggero e
veloce come quello di una gazzella; i brividi mi assalgono, il contrasto tra
caldo e freddo mi fa tremare parecchio; entriamo in una casa, mi mettono su un
divano e lรฌ, nel tepore della stanza, sprofondo nel sonno.
Al mio risveglio la luce che entra da una finestra vicina mi
acceca, cosรฌ socchiudo gli occhi, infastidita. Osservando in giro noto che un
ragazzo dai capelli dorati e dei bei lineamenti sonnecchia sulla poltrona di
velluto rosso vicino al caminetto. Mi alzo piano per non far rumore e mi tengo
stretta il cappotto dal taglio maschile che mi รจ stato messo addosso, mi
avvicino al giovane e inizio a chiamarlo con tono vagamente insicuro: <<
Svegliati, tu... O qualunque sia il tuo nome. Avanti, sveglia.>> Il ragazzo inizia a strabuzzare gli occhi e poi, come se
avesse visto la cosa piรน bella del mondo, sorride e mi abbraccia:
<<Clary! Grazie a Dio stai bene! Ho temuto il peggio...>> sgrano
gli occhi, stupita <<Come puoi conoscere il mio nome? Ci siamo giร
incontrati prima d'ora?>> <<Sono Jace, ricordi? Il tuo folle amico
d'infanzia prima che ti trasferissi qui!>>
Lo abbraccio a mia volta e comincio a piangere di gioia: Dio
solo sa il bene che ho voluto a questo ragazzo, le avventure passate insieme, i
dispetti fatti ai nostri genitori... Mi รฉ mancato tantissimo, troppo. Lui posa lo sguardo su di me, sul giaccone che copre i miei
vestiti strappati, sui miei piedi scalzi. La sua espressione felice tramuta in
una triste, che trasmette solo dolore e forse anche compassione. Poi ricomincia
a parlare: <<Dovevo trovarti prima. Dannazione. Quel mostro! Come ti ha
ridotta... Se mai lo trovassi sul mio cammino...>> Lo interrompo, con due
dita sotto il suo mento gli faccio sollevare lo sguardo, ci troviamo faccia a
faccia. <<Se mai lo incontrassi sul tuo cammino, proseguirai senza indugi,
non gli rivolgerai parole di nessun tipo e in quel momento penserai che, dopo
tutto, ci siamo ritrovati e non ci lasceremo piรน. Sei il mio migliore amico
Jace: non farmi soffrire anche tu. Per favore sorridi ora, chi deve prendersi
la rivincita qui sono io. Raccontami, invece, qual buon vento ti ha portato
qui?>> Sospira: <<ร una storia lunga... Te la racconterรฒ prima o
poi. Una cosa perรฒ la voglio comprendere: cos'รจ successo quando sei partita per
venire qui? Come hai fatto a conoscere quel Verlac?>>
Racconto del
giorno in cui partii, anni addietro, da Los Angeles. Ricordo che quel giorno
salutai Jace ed i suoi genitori, i signori Herondale, con le lacrime agli occhi
perchรฉ ero pienamente consapevole che non li avrei piรน rivisti.
La grande crisi aveva indotto
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