Asma- di CARIGNANO Margherita



Mi chiamo Asma, abito a Kabul, la capitale dell’Afghanistan. Ho sedici anni, e vivo in un appartamento abbastanza grande, con i miei genitori e mia sorella. Lei si chiama Fatima, ha tre anni in meno di me. Siccome mamma ha sempre tanto da fare la seguo io; mia madre, invece, si chiama Aisha. È una bella donna, sorride sempre, fa l’insegnante e piace a tutte le sue alunne. Va via la mattina presto e torna il pomeriggio tardi; alla cena e alle pulizie provvedo io. Papà è sempre in viaggio d’affari, non è quasi mai a casa. Si è sposato con mamma quando erano giovani, ma non credo che lui la ami ancora; si chiama Sayd e sono contenta quando non c’è. Ci sono quei giorni in cui è a casa, fa preparare un banchetto e invita tantissimi ospiti; io, mamma e Fatima in queste situazioni dobbiamo stare nascoste a cucinare.
La mattina, dal lunedì al venerdì, vado a scuola, mi sono fatta tante amiche. La nostra classe è in un edificio, diverso da quello dei maschi per qualche strano motivo.
Tutto procedeva bene, fino a quando un giorno sono entrata in casa ed ho visto la mamma triste. Mi ha detto che non potrò più andare a scuola, non potrò più vedere le mie amiche e dovrò indossare ogni giorno il burqa, un indumento lungo che mi copre corpo e viso.
Non lo trovo giusto, sono una persona, merito di essere trattata come tale! Mamma e papà non mi ascoltano, dicono che sono troppo piccola per capire, perciò vado a dormire che è meglio.
Mi sveglio la mattina successiva alla solita ora, e faccio colazione. Poi mi vesto, esco, e all’improvviso realizzo: non posso più andare a scuola! Mi siedo sul letto e inizio a piangere: sono prigioniera nella mia stessa casa.
Papà è tornato a casa. A quanto pare sono due giorni pieni di sorprese; mi dice di vestirmi bene perché devo conoscere il mio futuro marito: sgrano gli occhi! È uno scherzo, vero?
Mi dicono che ho già sedici anni, sono già in ritardo per il matrimonio! Non voglio crederci.
Pochi mesi dopo è fissata la cerimonia: tento di scappare, ma vengo scoperta e picchiata. Funziona così: se faccio qualcosa che non va vengo punita con le botte, ormai ci ho fatto l’abitudine, non sento nemmeno più il dolore.
Sono una donna e vengo trattata da schiava.
Sono una donna, ma mi hanno tolto ogni diritto.
Sono una donna, ma vengo picchiata, violentata e insultata.
Sono una donna, ma non mi sento tale.

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