ANGELICA di Laura Robasto






Un giorno di 7 anni fa, Giorgio, mio marito, arriva dal lavoro alle 21, dopo essere passato al bar a bere qualche birra. Appena entrato, si toglie la cintura, segno che è ubriaco e vuole picchiarmi, per sfogare il nervoso accumulato al lavoro. Quella è stata una lunga giornata anche per me e, non sentendomi molto bene, mi corico un attimo sul divano per rilassarmi; per questo motivo non riesco a preparare nulla per cena e mio marito si arrabbia molto, prende la cintura e mi colpisce, aumentando il numero dei lividi che ho già sulla schiena. A lui non importa che io sia incinta, al sesto mese di gravidanza e ogni volta che ha voglia di sfogarsi, mi percuote fino a farmi cadere a terra dal dolore e quel giorno lo fa davanti a mio figlio, Matteo, che ha soltanto 8 anni e che per proteggermi si mette in mezzo, ma Giorgio lo spinge via facendolo sbattere contro il muro. È questo il momento in cui apro gli occhi e capisco che non posso più vivere con un uomo così, un uomo che non avrebbe rovinato soltanto la mia vita ma anche e, soprattutto, la vita di Matteo e della bimba che ho nel grembo e questo non glielo potrei mai permettere, a costo di sacrificare la mia vita. Fino a quel giorno non ho mai raccontato a nessuno come mi tratta Giorgio, neanche ai miei genitori. Non so bene quale sia il motivo per cui non ne parlo con nessuno… Forse perché cerco sempre una giustificazione e ogni volta quella giustificazione sono io; mi sento sempre in colpa perché non sono abbastanza per lui, mi sento e mi fa sentire inutile ed inferiore, quindi penso che faccia bene a prendersela con me. Ma quella sera non riesco proprio a trovare una giustificazione, perché non c’è!

La sera stessa, quando Giorgio si addormenta sul divano, metto in una valigia pochi vestiti, prendo mio figlio e scappo da quell’uomo, che non riconosco più. Esco di casa e mi sento sola come mai in vita mia, perché a causa sua e della sua gelosia ho perso i contatti con tutti i miei amici e non vedo più mia madre dal funerale di mio padre, 2 anni prima. L’unica soluzione che trovo è: andare da mia madre. Non dimenticherò mai il suo sguardo, appena mi vede con Matteo, il pancione e la valigia si mette a piangere, capisce tutto senza che io dica una parola. Ci fa subito entrare in casa ed è una notte piena di racconti, pianti e abbracci. In quella notte mi consiglia più volte di denunciarlo, ma io non voglio, ho paura di ritorsioni.

Dopo tre mesi nasce Ilaria, una bellissima bimba di 2,800 kg e, per fortuna, senza complicazioni dovute alle botte ricevute da mio marito. Giorgio in quei mesi viene spesso a cercarmi a casa di mia madre e minacciandomi, mi chiede di tornare da lui. Ma io non ne posso più e quando Ilaria compie 6 mesi mia madre ed io decidiamo di trasferirci, da quel piccolo paese vicino a Palermo ad un altro nel torinese. All’inizio viviamo con la pensione di mia madre e dopo due mesi riesco a trovare un posto come segretaria presso l’ufficio di un avvocato vicino a casa nostra. Purtroppo quattro anni dopo mia madre viene a mancare improvvisamente a causa di un infarto. Sono rimasta completamente sola con i miei due figli, sono diventata un’altra donna rispetto a quella che era incapace di reagire contro un uomo che non la rispettava. Sono diventata una donna più forte, che riesce a conciliare famiglia e lavoro, senza far mancare nulla ai miei figli. Solo adesso ho il coraggio di andare dai carabinieri e denunciare mio marito; inoltre, mi faccio aiutare dal mio capo e chiedo la separazione da Giorgio, che accetta dato che ormai convive già con un’altra donna.

Ora non provo più rancore per il mio ex marito, anche se prima di iniziare a fidarmi di un altro uomo è stata dura, ma sto superando questa fase e convivo con un altro uomo, che mi rispetta e da cui ho avuto un altro meraviglioso bambino, Diego.

Oggi racconto la mia storia con orgoglio, perché ho capito di essere più forte di quell’ “uomo” che mi faceva sentire sempre inadeguata e insicura, in realtà era lui quello insicuro che se la prendeva con me per sentirsi meno fragile.




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