Alexandria- di DALIA Rachele



- Alexandria, svegliati.
Non avevo molta voglia di alzarmi.
Ormai avevo raggiunto l'età per il matrimonio, e i miei volevano presentarmi a tutti i costi, ogni giorno, un nuovo pretendente. 
Ogni giorno cercavo un modo per saltare l'appuntamento: non mi andava il fatto che qualcun'altro scegliesse per me.
Io avevo già l'uomo che volevo sposare, ma ai miei genitori non andava bene perché era molto più grande di me e apparteneva a una cultura diversa dalla nostra. 
Mia madre inizió a bussare violentemente contro la porta; voleva uscissi a tutti i costi dalla mia stanza. Svogliatamente, mi alzai e iniziai a cambiarmi, quando a un certo punto sentii bussare alla finestra. Mi voltai e sopra un ramo dell'albero di fronte casa mia trovai lui. 
- Un trentaduenne che si arrampica sugli alberi non lo avevo mai visto.
- Ti comporti così solo perché ti piaccio. 
- Luca, piantala.
- Non ti ho visto a scuola oggi. Una diciassettenne che marina la scuola non l'avevo mai vista. 
- Non potevo venire.
- Come mai?
- Oggi ho l'incontro con i pretendenti. 
- Ma non puoi scappare come fai sempre?
Non potevo dirgli che i miei genitori avevano scoperto l’incontro che avevamo avuto io e lui, e che mi avevano minacciato che, se avessi saltato un altro meeting con i pretendenti, lo avrebbero fatto arrestare. 
- Non posso.
- Alexandria, ti ho detto che ti salvo io, devi resistere fino alla maggiore età e poi ti sposo io. 
- Lo so, non ho intenzione di cedere. Fidati di me.
- Mi fido.
Mi accarezzò la guancia e notò i lividi sul collo.
- Ti hanno ancora picchiata?
-...Sì.
-Sempre perché hai saltato gli incontri?
-Sì...
Mia madre si mise a urlare e Luca si buttò giù dal ramo e corse via per non farsi vedere.
Anche se vivevamo in Italia nel ventesimo secolo, dovevamo per forza rispettare la cultura Indiana. 
Uscii dalla stanza, e mia madre mi tirò uno schiaffo per il ritardo.
-Andiamo, sotto c'é Ahmed, il figlio dell'amico di tuo padre; tra voi due ci sono quindici anni di differenza. 
Mi fermai a questa sua affermazione.
-Ha la stessa età di Luca. Perché Ahmed va bene invece lui no?
-Luca è un italiano, e tu secondo la nostra cultura devi sposare un indiano!
-Mamma, ma cosa vuol dire?
-Vuol dire che devi stare zitta, non hai potere in questa storia.
Venni trascinata in salotto, dove sul divano trovai seduto quel ragazzo di cui parlava mia madre. Mi costrinsero a versargli il the, poi mi fecero sedere accanto a lui. Mi guardava, ma io cercavo di non incrociare il suo sguardo. Vedevo la madre del ragazzo ammirarmi con gli occhi. No, ero disperata! Non volevo mi scegliesse, ma alla fine il mio incubo più grande diventò realtà, e i nostri genitori decisero di farci sposare. 
Persi l'appetito. Non c'era più nessuna possibilità, non avevo potere e, per non farlo soffrire, smisi di vederlo di nascosto.
Il giorno del matrimonio si avvicinava, e io continuavo a trovare messaggi preoccupati di Jared; ma non avevo intenzione di dirglielo, avrebbe fatto di sicuro una pazzia. Il vestito, le scarpe... odiavo tutto! Anzi, no, lo amavo, ma odiavo chi stavo andando a sposare. Lui non lo avevo scelto io! 
"Imparerai a volergli bene". Me lo ripetevano ogni giorno, ma avrei preferito la morte.
Un giorno tentai di buttarmi giù dalla finestra ma non ci riuscii. Se solo avessi osato contraddire i miei, loro mi avrebbero picchiato. Smisero persino di mandarmi a scuola. Non era vita quella.
L’indomani sarebbe stato il "gran giorno". Non riuscivo a prendere sonno; in quel momento stavo sperando con tutta me stessa che tutto quello che mi stava succedendo fosse solo uno stupido incubo, ma a quanto pare non era così. Sentii il vetro della mia finestra fare rumori strani, come se qualcuno la stesse scassinando. Impossibile: ero al terzo piano, a meno che qualcuno non si fosse arrampicato sull'albero di fronte alla finestra. E questo solo una persona poteva farlo... Luca.
La finestra si aprì e sopra di me trovai lui. 
- Dimmi cosa ti sta succedendo… perchè sei sparita?
- Luca, vai via, ti prego- dissi in lacrime.
Ma lui sembrava insistere, e iniziava a stringermi i polsi sempre di più, iniziando a farmi male.
- Mi fai male...
- Cos'hai sul polso?
Lo scoprì e trovò i tagli.
- Oddio, cos'hai fatto...
Una lacrima attraversò il suo viso; odiavo vederlo così. Ma le lacrime sul suo viso iniziarono a farsi molto più abbondanti quando gli dissi tutto ciò che stava succedendo. 
- Non lascerò che ti portino via da me. Ti fidi?
- Mi fido.
Mi baciò i tagli e uscì .
Arrivò il giorno del matrimonio, mi trovavo sulla strada per andare nella chiesa in cui mi sarei sposata, quando ad un tratto delle macchine della polizia si fermarono davanti a noi e prelevarono me e i miei genitori. I miei genitori vennero denunciati per maltrattamento minorile, e io venni lasciata in una casa famiglia. 
Un anno dopo uscii e andai a vivere da Luca, e pochi anni dopo ci sposammo. Io non seppi più nulla dei miei genitori, ma decisi di aiutare tutte le ragazze indiane che si trovavano nella mia stessa situazione. 
Volevo lottare per i diritti alle donne.

Nessun commento:

Posta un commento