Clara- di FLESIA Laura



I raggi del sole filtravano attraverso le tende, fino a raggiungere quelle innumerevoli fila di libri, che per Clara rappresentavano l’unica via di fuga. Ogni volta che suo marito usciva per andare al lavoro, lei si rifugiava in quella libreria, e ne usciva di rado, se non per lo stretto indispensabile. Lui non capiva che cosa significasse per lei leggere: non avrebbe mai potuto capirlo. C’erano cose alle quali lui non pensava mai, che non credeva avessero importanza. Come il fatto che lei avesse dei sentimenti, o forse se ne rendeva conto ma non gli importava. Era sempre così arrabbiato. A volte Clara pensava che, forse, la causa di tutto quello fossero le sue azioni, il suo aspetto. Forse non faceva abbastanza. Credeva che lui sarebbe stato sicuramente meglio se lei non fosse mai nata. Mentre tutti quei pensieri le attraversavano la mente, sentì dei rumori in salotto. Alzò lo sguardo verso l’orologio, e con immenso stupore vide che mancavano meno di 10 minuti alle 7. Suo marito era rientrato più tardi, e lei non si era accorta di quanto tempo era passato, così non aveva ancora preparato la cena. Sentì i passi di suo marito fermarsi davanti alla porta della biblioteca. 
Un brivido le corse lungo la schiena. Sicuramente era già passato in cucina e aveva visto che non c’era nulla in tavola. La porta si spalancò, come se anche quella temesse l’uomo che si trovava sulla soglia della stanza. Clara si alzò e si voltò. “Tom, mi…”, iniziò a dire, ma si bloccò. Era sufficiente osservare il suo sguardo. Lui le si avvicinò dicendo: “È così mi ripaghi? Io sgobbo tutto il giorno soltanto per te e quando arrivo a casa non trovo neppure la cena?”. Clara tentò di rispondere: “Ascolta, io…”. Ma lui la interruppe: “Ne ho abbastanza delle tue stupide scuse”, e così dicendo alzò un braccio, e le tirò un pugno dritto in faccia. Clara cadde a terra con il naso sanguinante, lui tornò verso la porta d’ingresso e se ne andò. 
Proprio in quell’istante squillò il telefono, e lei si costrinse ad andare a rispondere. Era sua madre, che chiamava puntualmente tutte le settimane. “Ciao, tesoro! Come va?”, disse. “Sai che la nostra vicina…”. Clara la interruppe: “Senti, mamma… Ora non è il momento migliore. Sto per… Devo uscire con Tom questa sera”. Lei rispose: “Oh, d’accordo. Ma… sei sicura di stare bene? Mi sembri… strana”. “Tranquilla, mamma. Ãˆ tutto okay”, disse Clara. “Ciao”, e riattaccò. Ripose il telefono sul tavolino e, appoggiandosi al muro, scivolò lentamente verso il pavimento. Rimase lì seduta a fissare il vuoto per qualche minuto, finché le lacrime non iniziarono a scenderle lungo il viso. 
Non aveva mai detto nulla a nessuno. E come poteva? Probabilmente non le avrebbero nemmeno creduto. Avrebbe voluto sparire, non esistere più. Fu al momento in cui trovò la sua soluzione. In quel momento sentì di avere il coraggio per fare quello che non era mai riuscita a fare. Si alzò e andò nella biblioteca. 
Quando vi fu dentro chiuse la porta a chiave e spalancò la finestra. Prese una sedia, la avvicinò alla finestra e vi salì sopra. Per qualche istante rimase a fissare il cielo. La Luna e le stelle erano bellissime. Quanto avrebbe voluto essere lassù nello spazio, lontana da tutto e da tutti, e vedere con i suoi occhi quell’immensa bellezza. “Ora potrò vederla”, pensò. Salì sul davanzale e si lasciò cadere. E fu così che Clara scomparve nell’oscurità e poté finalmente vedere l’immensa bellezza dello spazio.

Tom rientrò soltanto il mattino successivo alle 5. Cercò di entrare nella biblioteca, ma dovette sfondare la porta. Affacciandosi dalla finestra vide il corpo di sua moglie illuminato dalla luce dei lampioni. Chiamò tutti i suoi parenti e qualche giorno dopo furono celebrati i funerali. Nessuno sospettò mai che la colpa potesse essere di qualcuno. “Suicidio. Era depressa”. Così dicevano tutti. Nessuno sospettò mai di Tom, quell’uomo che era sempre sembrato a tutti così buono.


Nessun commento:

Posta un commento