Le pulci raccontano...

Era un giorno di pioggia quando vedemmo entrare Padre Rafael e Julio nella stanza e armeggiare con la nostra dimora: un duro materasso nel quale da anni vivevamo tranquille anche se un po’ affamate. 

Il materasso fu portato con qualche difficoltà in una stanza con tante finestre, una delle quali aveva la vista sulla chiesa e sul campanile, proprio niente male dopo anni trascorsi in quella buia stanzetta con una finestrucola che dava sul cortile della casa dei Padri. Qui almeno c’era attività e colori. 

Tutte le mattine sentivamo il cicalio dei bambini e degli studenti che si recavano a scuola, vedevamo le mamme con le loro gobbe protuberanti che nascondevano sotto la capulana- pezzo di stoffa dagli svariati usi- il loro bambino per ripararlo dal freddo e dall’umidità che c’è sempre qui a Mepanhira al mattino presto. Con i loro fagotti e una tanica vuota si avvicinavano alla fontana della missione per prendere l’acqua e si scambiavano confidenze e racconti colorati come le loro capulana.


Per tutto il giorno ci chiedemmo il perché di questo trasloco. La stanza era migliore ma la nostra casa-materasso era stata messa su una rete sfondata, coperta con un cartone per evitare che il materasso cadesse per terra; accanto a lui c’erano due letti borghesi che reggevano due materassini non nuovi, ma abbastanza puliti, fatti.., che orrore!!…di gommapiuma.” Non ci sono più i bei materassi di lana o di foglie così comodi e confortevoli per noi, i tempi stanno cambiando alla velocità di un ghepardo e presto noi non avremo più case dove alloggiare oppure dovremo adattarci all’orribile gommapiuma”. 

Ci stavamo chiedendo il perché di questa nuova sistemazione, quando alla luce debole di una candela vedemmo arrivare tre persone: due erano delle belle ragazze in carne e pelle morbida e già ci sognavamo il loro sangue giovane, rosso, puro e succulento. La terza era una donna, diciamo di mezza età, o meglio di tre quarti di età, e purtroppo fu lei a sedersi sul nostro materasso e deporre il suo sacco a pelo. Ci rassegnammo, “gallina vecchia fa buon brodo” – dicono; quindi meglio di niente.

Intanto scese la notte e le tre, stremate probabilmente da un lungo viaggio, si sdraiarono. Stavamo per metterci a tavola: già avevamo preparato le nostre fauci e la saliva si stava producendo in abbondanza quando la nostra preda cominciò ad agitarsi e a girarsi in continuazione e divenne quindi un difficile bersaglio. Decidemmo quindi di attendere l’alba per il nostro spuntino.

Dobbiamo ammettere che le tre coinquiline erano molto strane: una aveva il terrore dei ragni e allora trascorsero ore a cercare di sistemare delle zanzariere attorno ai letti e per lei crearono un trono speciale nel bagno dove poteva sedersi avvolta in una zanzariera; la puzza che emanava dal bagno, senza porta, e dai calzini era insopportabile anche per noi misere pulci che cercammo di stare buone  nascoste per alcuni giorni studiando la tattica migliore per approvvigionarci. 


Di tanto in tanto arrivavano anche dei bambini, ma la nostra dignità ci tiene lontani da loro; solo in casi estremi andiamo a pizzicarli.
                                       


Stavamo in attesa tutto il giorno e quando la Croce del Sud e la Via Lattea apparivano in tutta la loro brillantezza nel cielo nero l’acquolina diventava insopportabile, ma le tre, invece di venire a dormire, trascorrevano ore con il naso all’insù a guardare il cielo, come ammaliate da tutti quei brillanti sparsi nell’immensità. A volte frignavano di paura al rumore di qualche animale, si sentivano in lontananza gli ululati delle iene, le urla degli uccelli notturni e una sera… sentirono avvicinarsi passi felpati: “Sarà la famosa leonessa che porta  a spasso i suoi cuccioli?” “Impossibile, esce solo all’alba” eppure… eppure “guarda c’è qualcosa che si muove nel buio assoluto non penetrato da alcuna luce elettrica”, “accendi la torcia”, “sì ..eccoli lì”… rimasero impietrite di paura. “ma sono solo i tacchini del Padre che stanno facendo la ronda notturna!” “in ogni caso è meglio che ci ritiriamo”.


Oh, finalmente, forse stasera sarà la volta che riusciamo a dissetarci.

Il mattino seguente la nostra dirimpettaia o meglio l’inquilina del piano superiore, mentre rifaceva il giaciglio, scoprì una di noi uscita in avanscoperta, cercò di prenderla, schiacciarla con il pollice, ma invano... meno male! La vita ci ha insegnato a farci furbe e fare salti veloci e costanti per sfuggire ai pollici dei nostri nemici. Comunque la tipa si accorse di noi e iniziò una battaglia impari…vista la sua mole paragonata alla nostra! A dire il vero noi eravamo tante e ben agguerrite, ma fummo coperte da uno strato di plastica e poi da un sacco a pelo e ci risultò difficile raggiungere l’agognato corpo e succhiarne un po’ di sangue.

Fu così che ci mettemmo il cuore in pace in attesa di qualche nuovo sprovveduto, che giungeva di tanto in tanto;  ma fu solo l’anno successivo che potemmo soddisfare la nostra sazietà con l’arrivo di Aldo, al quale non solo succhiammo il sangue ma lasciammo anche qualche ricordino che, come avremmo appreso in seguito lo costrinse a 10 giorni di degenza in ospedale. Questa è la dura vita di noi pulci in questa terra assolata e povera! Il nostro materasso è usato solo alcune volte, per gli ospiti speciali e allora dobbiamo aspettare a volte per un intero anno prima di ricevere… sangue per i nostri denti!

Ma allora ci rifacciamo di tanta attesa e tanto digiuno. 
Triste a chi tocca!
Quindi, karibu a Mepanhira!

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